Luciano Sozio è un artista poliedrico.
Pittura, fotografia, installazioni video, vere e proprie architetture umane che come sculture, capeggiano le sale del Palazzo delle Arti di Napoli, dove l’artista molisano ha esposto dal 6 al 30 Novembre 2014.
Getting There è il titolo della mostra e non soltanto; è la poetica di Sozio, arrivare, acquisire l’idea.
Improvvisamente avvolti da un’atmosfera sospesa, quasi mistica, ritroviamo quell’ Intuition in una stanza bianca che pone al centro una camera d’aria, con all’interno gocce di vetro colorate e rette da fili di nylon, al di sopra di piedi di gesso smaltato, sospesi dal suolo, quasi a volersi elevare da tutto ciò che invece è fermo e che non fluttua come le gocce.
Una evoluzione continua, la stessa che da una stanza all’altra del Pan, si eleva per raggiungere un equilibrio ideale, come in Our Time, uno stato illuminato, una dimensione altra; ognuno immerso nella propria goccia, nel proprio universo, ma tutti sfidando quella forza di gravità che inevitabilmente incombe.
La pittura di Sozio è visionaria, ma allo stesso tempo reale, a tratti impercettibile in quei volti trasfigurati che celebrano un mondo popolato di personaggi straordinari, magici.
È il suo mondo, dove non c’è spazio per la finzione e dove è tutto incredibilmente autentico e spontaneo come l’artista lo percepisce.
Nelle sale del Pan si è dato spazio ai lavori più recenti dell’artista, quelli in cui ha raggiunto un proprio stile; dalla pittura, passando per l’architettura e la fotografia, ma la seconda parte della mostra, esposta nella sede della galleria Andrea Ingenito Contemporary Art, ci riporta, in un percorso inverso, alle opere di una fase creativa più acerba, ma decisamente in linea con quella più matura.
Come la definisce la curatrice della mostra Serena Ribaudo, si tratta di una vera e propria intuizione, una rivelazione dell’idea. È una “trasformazione” che caratterizza quegli elementi che ricorrono in entrambe le produzioni, come le stesse camere d’aria rese ancora come semplici spazi prospettici nei lavori precedenti, quei pallini come simbolo di quell’intuizione-rivelazione o ancora quei palloncini che altro non ricordano che le stesse gocce rovesciate.
Un tratto onirico e decisamente fiabesco il suo, da Piccolo Principe; Marc Chagall ne resterebbe sicuramente incantato.
pubblicato su ExpoArt Magazine