Quello proposto da Cerith Wyn Evans è un viaggio ultra sensoriale, un viaggio che parte dall’analisi di fenomeni fisici e sconfina nella filosofia, nell’immaginazione più pura, creando nuovi modi di vedere e nuove costruzioni sulle quali basarsi, nuovi modi di esistere. Nella poetica dell’artista di origine gallese e londinese di adozione, l’esistenza è la questione centrale, il punto di fuga, la rivelazione dell’impercettibile. Esistere è luce e la luce è materia organica, è comunicazione, è apparizione; senza luce non esisterebbe nulla, neanche l’arte.
Il lavoro di Evans sfrutta i meccanismi de linguaggio verbale e non verbale rompendo con le tradizionali forme di comunicazione, e mette in discussione le nostre nozioni di realtà e cognizione, di percezione e soggettività aprendosi a nuove ed inaspettate potenzialità espressive.
Il debutto come filmaker negli anni ‘70 e l’interesse per la fisica hanno un peso rilevante nella sua produzione e nella realizzazione di cortometraggi sperimentali che sfruttano sapientemente alternative e originali forme di comunicazione e una varietà di materiali insoliti come fuochi d’artificio, lampade, luci al neon, codice Morse, piante e sfere a specchio.
Ma la vera novità apportata da Evans, non è tanto il materiale inconsueto, piuttosto lo scopo per cui quello stesso materiale viene utilizzato; il neon largamente adottato nella sua produzione non è di per sé una novità nell’arte contemporanea se ripensiamo ai neon di Maurizio Nannucci o Bruno Nauman, ma lo è piuttosto il fatto che quel neon non costituisca più un mezzo per disegnare o comunicare o diventando una forma apparentemente astratta di spazi intuibili solo con la mente.
L’autore in E-C-L-I-P-S-E, una delle sue più note opere realizzate in occasione dell’Anno Internazionale della Luce ed esposta nel Museion di Bolzano in occasione della sua personale tra il 2015 e il 2016, racconta l’esperienza di un’eclissi solare ispirata all’eclissi del 2005 con un’installazione al neon luminosa. Il grande ingegno di quell’opera è stato il raccontare un fenomeno di oscuramento come l’eclissi con la luce.
Quelle dell’artista britannico sono opere che si rivelano principalmente con l’intelletto; in una intervista rilasciata dall’artista si discute dell’importanza dell’impercettibilità e dell’indefinibilità di fenomeni come il suono e la luce che, evocando fluttuazioni continue, meritano di essere contemplati nello spazio espositivo.La sua celebre struttura molecolare raffigurante L.S.D. suggerisce una nuova via d’uscita, contemplando l’esistenza di una dimensione altra e aprendo le porte della percezione. E ancora il bosone di Higgs, oggetto di consueta ispirazione che ha suggerito, prima della rivelazione della sua forma, intuizioni e disegni accuratamente studiati e ripresi nelle forme da Evans, affermando l’idea per cui in alcuni casi è proprio l’immaginazione a precedere la scienza.
Ma l’estetica altamente raffinata di Evans si traduce nella più recente esibizione organizzata per la Tate Britain Commission 2017, sostenuta dalla famosa casa d’asta Sothebys ed ospitata nelle tre maestose sale in stile neoclassico specificatamente progettate per accogliere esposizioni, le Duveen Galleries.
L’evento, tra i momenti culturali più importanti della stagione estiva londinese, è stato affidato quest’anno proprio al grande Cerith Wyn Evans che ha saputo perfettamente tramutare la commissione affidatagli in una delle installazioni più dinamiche dell’arte contemporanea, in un viaggio sperimentale da percorrere stimolando i sensi dello spettatore. In Forms in Space.. By Light (In time) la luce traccia forme differenti sospese in aria come cerchi concentrici, archi, curve spezzate, grovigli di linee che si arrampicano verso il tetto e piani luminosi che riempiono lo spazio e oltre.
Forme che si ripetono, si dilatano, si stringono e si alzano nello spazio, forme che suggeriscono agli elementi infinite letture possibili; l’energia è massima, il movimento e la torsione rimandano ad una danza ottica complessa ma raffinata creando un universo di grande precisione e accuratezza formale, completamente a se stante.
L’occhio oscilla seguendo il ritmo di fasci luminosi sospesi, senza riuscire completamente a slegare gli elementi immediatamente successivi che si ripetono in un gioco di gesti e moti che trovano ispirazione nel teatro giapponese Noh, una tradizionale forma teatrale sviluppatasi nel XIV e XV secolo che unisce elementi di danza, di recitazione drammatica, musica e poesia in una forma espressiva estremamente preziosa.
L’effetto è altamente scenografico, Cerith Wyn Evans non dimentica quella lezione cinematografica di cui è stato e lo è tuttora sapientemente consapevole, lezione che conferisce alle sue sculture, nonostante l’allestimento statico e sospeso, un aspetto decisamente spettacolare, filmico. Sono forme di realtà altre e rumori di altri universi, simili e lontani da quelli che conosciamo, lasciandoci compiere un viaggio memorabile tra i territori impercettibili della nostra esistenza.
pubblicato su Sineresi Art Magazine