Una sfida per l’Africa – 200 metri di colore in 48 ore
L’evoluzione
L’evoluzione è l’opera di un giovane artista lucano e della sua città.
Un grande dipinto realizzato lungo la piazza principale del capoluogo lucano, Potenza.
Davide Perretta è il giovane talentuoso che ha deciso di realizzare un’opera, la sua opera, esprimendo il suo concetto di evoluzione, un’evoluzione di immagini, forme, colori, evoluzione di un inizio e quella di una fine, ma una fine che ritorna al punto di partenza.
Una pergamena sta per essere srotolata..”da qui” inizia una storia.
Si parte dal principio dove lo spazio avvolge la Pangea con le terre non ancora emerse; dalla circolarità dello spazio fino alla disposizione circolare di un insieme di megaliti in Inghilterra, Stonehenge. Siamo nel neolitico, sospesi in uno spazio, ma è un breve spazio di evoluzione quello che intercorre tra l’ultima età della Preistoria e la modernità rappresentata da una lampadina a incandescenza, fonte luminosa artificiale ideata nella seconda metà dell’Ottocento, l’essenziale. Ma l’essenziale non è più quello di cui ci circondiamo, viviamo nell’era del consumismo, del vezzo, che Davide interpreta perfettamente dipingendo un iPhone, viviamo in una società nella quale pur di avere un iPhone non badiamo a spese, simbolo di un’invenzione che ci ha cambiato la vita. In peggio?
Un meraviglioso salto cronologico quello dipinto, che ritorna all’arte, l’essenza più alta, attraverso la quale nascono le prime forme. L’arte per Davide è il colore, che rappresenta dipingendo un semplice tubetto e da qui un’esplosione di colori. Con i colori primari, il rosso, il giallo e il blu possiamo creare qualsiasi sfumatura, qualsiasi forma di colore; e i colori prendono sempre più forma fino a diventare uomini rappresentati da diversi colori. L’uomo rosso, l’indiano d’America, cavalca contro i suoi nemici, combatte per la sua terra, mirandola all’orizzonte, ma della sua lotta non rimarranno che delle piume, sospese in un silenzio che sa di sconfitta. Una sconfitta che vede protagonista anche l’uomo giallo, il manichino del crash test, l’uomo macchina, creato per morire e quindi già morto. Ed è proprio da uno scheletro che “prende vita” l’uomo nero, da sempre vittima di denigrazione, che vorrebbe poter deporre le armi di una guerra infinita, cadendo sull’uomo bianco, l’occidentale, che finge di sorreggerlo ma in realtà è un uomo egoista, cinico, che pensa soltanto a sé e al suo benessere, il suo corpo è il centro di tutto e lo dimostra allenando il suo bicipite con il quale solleva un peso che prende la forma dell’oro, simbolo di ricchezza e del potere. L’Occidente ha vinto su tutti gli altri. Ma al vertice c’è l’uomo blu, a cui, come in un domino, gli uomini tutti, tendono a cadere. L’ultimo pezzo del domino è l’uomo bianco che è direttamente legato all’uomo blu dal filo di una cuffia auricolare; l’uomo blu prende la forma del simbolo che rappresenta, il denaro. L’euro, il dollaro americano, simboli di potere, e ancora, una corona capovolta disegnata con la lettera M di Mc Donald’s, che simboleggia il consumismo, il potere delle multinazionali.
Il sottile filo degli auricolari è più potente delle catene. È attraverso quel filo che passano i comandi, gli ordini, la voce: Compra, conquista, credi e obbedisci.
Al vertice una croce rappresenta la Chiesa come sede da sempre del potere spirituale e temporale, simbolo della religione che influenza i popoli e da qui inizia la diatriba tra religione e scienza.
Dalla croce, Cristo, il figlio dell’uomo, l’oltre uomo, si snoda un grande DNA, contenitore mendeliano delle informazioni genetiche dell’uomo che rappresenta l’evoluzione dei popoli, delle nazioni, degli uomini.
Ma la lunga catena del DNA si trasforma man mano, le salde unità di nucleotidi cedono a forme più sinuose e plastiche che divengono rami, foglie e poi fiori; è una natura benigna che ci da i suoi frutti, risorsa alimentare, energetica, ma che ci offre anche spine, difficoltà e ostacoli che non disturbano l’armonia. Le foglie man mano lasciano il posto ai fiori, che divengono frutti, simbolo di un futuro e allo stesso tempo ancora di un’evoluzione, ma verso una nuova forma di energia realizzata dall’uomo che sta trasformando il paesaggio contemporaneo, dove i petali diventano pale, pale eoliche. La natura diventa artificio e l’artificio restituisce energia pulita all’ambiente.
Gli ingranaggi che si muovono rappresentano il lavoro dell’uomo, e nuovamente, come con la lampadina, si ricorre ad una metafora dell’ingegno umano. Un ingegno che rimanda ad un nuovo stile, un astrattismo geometrico novecentesco, basato sulla creazione di forme pure e bidimensionali dove la linea e il colore sono gli unici mezzi espressivi, l’arte nella sua forma più pura. Le geometrie diventano nuovamente ingranaggi che creano e sviluppano forme diverse, nuovi stili artistici, fino ad incidere un nastro che muta in una pellicola, la settima arte.
Il cinema, come lo definirebbe Erwin Panofsky, storico dell’arte del Novecento, “l’unica forma d’arte di rilievo della modernità”, è rappresentato da una pellicola cinematografica attraverso la quale scorgiamo il nostro passato ancora una volta, i fotogrammi rappresentano gli orrori della guerra, il fungo atomico, le centrali nucleari, il nazismo, gli errori dell’uomo, ma anche le sue conquiste, come quella della prospettiva nel Rinascimento, una conquista della storia dell’arte che Davide non riuscirà a finire di rappresentare. La pellicola si strappa, diventa di nuovo un nastro all’interno del quale l’artista vorrebbe dipingere un paesaggio eco-sostenibile, ma la pioggia incessante non permetterà a Davide di concludere la sua opera, o forse sarebbe più corretto dire che la sua opera la concluderà la natura, la protagonista, con l’uomo dell’evoluzione.
La tela è impregnata di acqua e non permette più al colore di aderirvi. Il colore dell’ultima parte della tela inizia a colare trasfigurando il dipinto. All’inizio della tela il colore resiste perché ha avuto il tempo di asciugarsi. Più si va avanti, in maniera graduale, impercettibile, è la natura ad impadronirsi della tela creando in alcuni punti degli effetti meravigliosi.
L’essenza dell’opera non risiede soltanto nella tela, ma nell’intera performance. La Performance art svolgendosi nella piazza principale di Potenza, è riuscita a focalizzare l’attenzione della cittadinanza, rendendola protagonista dell’opera.
Se l’intento dell’artista era quello di creare una sinergia con la natura, il suo messaggio è arrivato.
Ma il vero scopo di quest’opera è quello di costruire, costruire una speranza per l’Africa, una scuola che verrà dedicata al nostro concittadino Domenico Lorusso scomparso a maggio del 2013. Costruire, lo faremo con il vostro aiuto se deciderete di acquistare il dipinto di Davide che sarà diviso in varie tele ed esposto non appena troveremo uno spazio disponibile ad ospitarci, forse la Pinacoteca Provinciale o le stesse Scale Mobili, luogo di passaggio della città.
Il ricavato delle tele sarà devoluto all’Associazione de IL POZZO DELLA FARFALLA – ONLUS, fondata nel 2009 nel ricordo di Umberto Amodeo, che si occupa della costruzione di pozzi d’acqua in Togo, perché il diritto all’acqua è fondamentale e non avervi accesso è un limite alla libertà, alla potenzialità di ognuno. Ma la stessa cultura è libertà, libertà di conoscere, di poter scegliere, quindi l’istruzione è necessaria.
Dipingere è come costruire, scegliere di costruire un mondo migliore.
Davide avrebbe voluto terminare l’opera dipingendo un futuro migliore, più sensibile nei confronti dell’ambiente. La natura sarebbe ritornata sotto forma di foglie con differenti forme e colori a simboleggiare la diversità della flora e ancora frutti; un frutto di colore rosso ci avrebbe riproposto una natura generosa con l’uomo, purezza, perfezione e bellezza, immagine di un paradiso a cui abbiamo rinunciato per cedere alla tentazione, per abbracciare la conoscenza.
La tela si sarebbe chiusa nuovamente con una pergamena, la stessa che srotolandosi ci ha raccontato questa storia, avvolgendosi su se stessa si richiude o forse si riapre a un nuovo “inizio”, l’eterno ritorno.